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UN GOVERNO CONTRO LA SICUREZZA DEI LAVORATORI
di Cesare Damiano

Nel breve volgere di sei mesi, compresa la pausa estiva, il Governo ha portato avanti un sistematico processo di depotenziamento delle tutele dei lavoratori e di sostanziale dequalificazione del fattore lavoro, con una concomitante deresponsabilizzazione dello Stato e del sistema delle imprese.
In questo quadro, spiccano per gravità e pervicacia, le misure varate, o tentate, in materia di sicurezza del lavoro, tutte volte a ridurre e rinviare l’efficacia delle disposizioni miranti alla tutela, alla sicurezza e all’integrità dei lavoratori, contenute nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, varato dal Governo Prodi.

Ripercorriamo, in ordine cronologico, le misure adottate o sui cui si è dovuto fare marcia indietro in questo primo scorcio di legislatura:

· Con il decreto sull’emergenza dei rifiuti in Campania (D.L. 23 maggio 2008, n. 90), uno dei primi varati dal Governo Berlusconi, in nome dell’emergenza, l’art. 18 autorizza la deroga alle norme sulla sicurezza del lavoro, di cui al d.lgs. 81/2008, proprio per quei lavoratori che in tali realtà territoriali, sono impiegati nella gestione e nella trasformazione dei rifiuti. Vale a dire, in attività con alti tassi di pericolosità per la salute degli addetti, per le popolazioni e per l’ambiente.

· Con il cosiddetto decreto di proroga termini (D.L. 97/2008), all’art. 4, commi 2 e 2-bis, si è proseguito in quest’opera, attraverso il differimento (al primo gennaio 2009) dell’entrata in vigore di norme del citato decreto legislativo 81/2008: in particolare delle disposizione relative alla comunicazione a INAIL e IPSEMA sui dati relativi agli infortuni, di norme in materia di visite mediche, nonché con l’abrogazione delle misure che prevedevano la responsabilità solidale tra committente e appaltatore per la regolarità delle ritenute fiscali e previdenziali. E’ stato, altresì, rinviato al 1° gennaio 2009 il termine per le imprese di effettuare la valutazione dei rischi ed elaborare il relativo documento.

· Con la manovra finanziaria estiva (D.L. 112/2008), all’art. 39, comma 12, si interviene sulla disciplina in materia di sicurezza del lavoro, disponendo la modifica dell’articolo 55, comma 4, lettera h), del d.lgs. 81/2008, in materia di sanzioni conseguenti alla violazione delle norme sulla salute e sicurezza dei lavoratori. In particolare, viene meno l’obbligo per i datori di lavoro e i dirigenti, nell’ambito dello svolgimento di attività in regime di appalto e di subappalto, di munire i lavoratori di apposita tessera di riconoscimento, corredata di fotografia, contenente le generalità del lavoratore e l’indicazione del datore di lavoro. Un’abolizione grave, tanto più che la norma che si è voluto sopprimere, trova maggiore applicazione proprio in quei settori, quali le costruzioni e l’edilizia, dove più alta è la possibilità che si ricorra all’appalto ed al subappalto, dove più alta è la concentrazioni di incidenti sul lavoro e dove spesso si ricorre all’impiego di lavoratori migranti non regolarizzati. Ma la vera «semplificazione», che ha ispirato l’intero provvedimento, si è concretizzata con l’approvazione in Commissione, di un emendamento con il quale si intendeva modificare il termine entro il quale, in caso di instaurazione di rapporto di lavoro dipendente e assimilati, gli enti pubblici economici e le pubbliche amministrazioni devono darne comunicazione al servizio territoriale competente. In particolare si prevedeva che tale comunicazione avvenisse entro il quinto giorno successivo all’instaurazione del rapporto, mentre la disciplina vigente prevede che ciò debba avvenire entro il giorno antecedente all’instaurazione del rapporto. Una norma, quella della comunicazione dell’assunzione il giorno prima dell’effettivo inizio dei rapporti di lavoro, introdotta proprio per limitare le cosiddette assunzioni post mortem, cioè quelle avvenute dopo il verificarsi di tragici incidenti, per evitare responsabilità specifiche in capo al datore di lavoro in caso di assunzione irregolare del lavoratore in questione. Una «svista» come l’ha chiamata il ministro Sacconi, che il governo ha corretto in seguito alla denuncia e all’opposizione del nostro gruppo.

L’art. 41 è uno dei più insidiosi del decreto, in quanto modifica, in maniera significativa, alcune norme in materia di orario di lavoro, variando le definizioni di lavoratore notturno e di lavoratore mobile. In primo luogo si prevede che il riposo giornaliero non debba necessariamente essere fruito in modo consecutivo, nel caso di attività caratterizzate da regimi di reperibilità, che viene dunque calcolata come riposo, mentre il riposo consecutivo settimanale (almeno 24 ore consecutive ogni 7 giorni) viene adesso computato su 14 giorni.

Inoltre il decreto dispone che, in assenza di specifiche previsioni nei contratti collettivi nazionali, le misure in materia di risposo giornaliero, pause, modalità di organizzazione del lavoro notturno e durata del lavoro notturno, di cui al d.lgs. 66/2003, possono essere derogate ad opera dei contratti collettivi di secondo livello (territoriali o aziendali) stipulati con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Tutto ciò rappresenta un chiaro ritorno indietro rispetto ai diritti acquisiti dai lavoratori in questi anni in tema di orario di lavoro, stabiliti dalla contrattazione nazionale, e ciò potrebbe avere ripercussioni gravi sulla stessa sicurezza e salute per i lavoratori impiegati in settori produttivi a rischio. Nel corso dell’esame in sede referente, il Governo ha limitato al solo settore privato la prevista possibilità di deroga da parte dei contratti collettivi di secondo livello, cosa che forse costituisce una variazione ancora più grave della norma che si è inteso modificare.

La «semplificazione» ha, inoltre, portato ad eliminare per il datore di lavoro, nei casi di effettuazione di lavoro straordinario e di lavoro notturno, specifici obblighi di informare i servizi ispettivi della Direzione provinciale del lavoro competente per territorio. Infine, modificando l’art. 14 del d.lgs. 81/2008, si è esclusa la sanzione della sospensione dell’attività imprenditoriale in caso di violazione della disciplina in materia di durata massima dell’orario di lavoro, di riposo giornaliero e di riposo settimanale, di cui agli art. 4, 7 e 9 del d.lgs. 66/2003.

· Ancora in questi giorni, con il disegno di legge 1441-quater (il cosiddetto collegato in materia di lavoro) si propone, paradossalmente, di ridurre l’entità delle sanzioni previste in caso di reiterate violazioni della disciplina sull’orario di lavoro, qualora le stesse violazioni riguardino più lavoratori o siano reiterate nel tempo.

a cura di Paolo Casali e Monica Morabito
Pubblicato il Ottobre 13, 2008


Fonte: Blog di Cesare Damiano

 
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