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Questa settimana su 'Il diario del lavoro'
(Newsletter - 3 ottobre 2014)



E’ previsto per la metà della prossima settimana l’arrivo in aula al Senato del disegno di legge delega, il Jobs Act che sta togliendo il sonno a tanti in Italia. Lì si capirà se questa legislatura può andare avanti tranquillamente o se nell’inverno del prossimo anno ci saranno di nuovo le elezioni politiche. Le prospettive sono molto favorevoli, sembra che in realtà nessuno voglia lo scontro. Non lo vuole Renzi, che ha cercato oggettivamente di far rientrare il dissenso nel suo partito, pur mantenendo il punto sui contenuti di fondo della riforma. E non lo vuole la gran parte della minoranza del partito, che non pensa a scissioni. E’ stato chiaro per tutti Pier Luigi Bersani affermando che non ci pensa nemmeno di abbandonare il suo partito per avventure cui non crede minimamente. Resta e voterà di conseguenza.

Il che non vuol dire che questo basti ad allontanare il pericolo di colpi di mano al momento del voto perché gli irriducibili non mancano. Ed è per questo che il governo sta pensano seriamente a lasciare un po’ sulle generali il testo del disegno di legge, in modo di non provocare nuove tensioni. L’idea che sta circolando è quella di rinviare al momento della definizione dei decreti delegati, quindi di qui a qualche mese, il momento della verità. Per questo potrebbe non essere presentato dal governo l’emendamento che tutti si aspettano per tradurre in norme di legge le aperture di Renzi di lunedì scorso in direzione Pd. Non verrebbe specificato così cosa si intende fare per i licenziamenti disciplinari, né l’esatta portata della manovra legislativa. La sinistra del Pd potrebbe sempre sperare di aver evitato il peggio e si allontanerebbe la possibilità di una levata di scudi da parte del Ncd e degli altri partiti dell’ala destra della maggioranza, che vedono come il fumo agli occhi qualsiasi annacquamento del testo votato in Commissione Lavoro.

Una soluzione però poco credibile, perché quello che serve è proprio la chiarezza delle norme e un rinvio dello scontro non lo eliminerebbe. E’ per questo che si sta caricando di significato il vertice, che dovrebbe avvenire nella settimana prossima, tra governo e sindacati. All’ordine del giorno temi molto importanti. La legge di rappresentanza, innanzitutto. Costituisce un problema già solo il fatto che questa legge è chiesta da Cgil ma osteggiata da Cisl e Uil, tutti però potrebbero trovarsi d’accordo se la legge si limitasse a recepire l’accordo in materia raggiunto definitivamente a gennaio dalle tre confederazioni e la Confindustria. Ma c’è il pericolo, se non la certezza che il Parlamento metta le mani su quel testo, snaturandolo o anche solo cambiandolo pesantemente e facendo così tornare vive le polemiche tra le parti sociali.

Ma la partita più importante sarà quella sulla contrattazione. Perché se la differenza tra Cgil da una parte e Cisl e Uil dall’altra è tutta nella centralità che queste ultime due vogliono dare ai contratti decentrati e che invece la Cgil osteggia, ci sono da tener presenti le richieste di Confindustria che con il suo documento di giugno ha chiesto non solo di dare più spazio al salario legato agli indici di redditività e produttività delle aziende, ma anche di allargare il terreno della derogabilità consentendo la possibilità di rivedere in sede aziendale le indicazioni, anche salariali, dei contratti collettivi. In qualche misura il riemergere dell’articolo 8 della legge approvata dal governo Berlusconi nell’agosto del 2011. Le confederazioni sindacali non hanno risposto positivamente alle richieste della Confindustria, ma se il discorso dovesse essere ripreso nella Sala Verde di Palazzo Chigi non potrebbero far finta di nulla e si aprirebbe un confronto per loro molto difficile.

Di due altri temi si potrebbe parlare tra governo e sindacati. Del salario minimo, un pericolo per le confederazioni, che vi vedono un depotenziamento della contrattazione, e del demansionamento, che rappresenta per il sindacato un vero pericolo perché rimetterebbe in discussione le vere conquiste dei lavoratori.

Un confronto quindi molto complesso, difficile, e rischioso per tutti. Renzi non può guardare con occhi distratti alla manifestazione che la Cgil sta preparando per fine mese, perché sta crescendo la voglia di partecipazione e una sfilata di centinaia di migliaia di persone contro la sua politica potrebbe essere un duro colpo all’immagine che si è costruita in questi mesi. Per questo sarà quanto meno circospetto e attento, ma è altrettanto certo che non deborderà di un millimetro dalla linea che sta seguendo. Insomma, c’è più di un motivo per credere che alla fine il sindacato non riesca a portare a casa quasi nulla. E l’essere entrati anella stanza dei bottoni senza però poterne schiacciare nemmeno uno potrebbe essere molto amaro.

Contrattazione
Settimana ricca di incontri, non tutti però andati a buon fine. È il caso di Meridiana, dove al tavolo tecnico l’azienda ha ribadito l’intenzione di mandare a casa 1.600 dipendenti. Esuberi anche per Nh Hotels, che con ha mandato a casa 54 lavoratori, arrivando ad un totale di 450 esuberi nell’ultimo biennio. È saltata inoltre la vertenza di Grifo latte, poiché i sindacati hanno rifiutato di sedersi al tavolo dopo aver constatato la presenza all’incontro della cooperativa che doveva assumere l’appalto.
Saltato anche l’accordo tra i sindacati e la regione Lazio sulla cassa integrazione in deroga sulle deroghe al decreto interministeriale di questa estate con il quale sono stati introdotti criteri restrittivi per gli ammortizzatori sociali. Cattive notizie anche per i lavoratori del call center di Accenture Palermo: l’azienda ha proposto la riduzione degli stipendi, passando però dal 20% dalla prima proposta, al 9%.
Sindacati sul piede di guerra sul settore termale, dopo che le parti datoriali hanno comunicato l’intenzione di estendere l’applicazione del contratto anche ai dipendenti delle strutture alberghiere dotate di centro termale. Ad avviso dei sindacati in questo modo si avrebbe solo un caso di dumping contrattuale. Per risolvere la crisi del settore raffineria, sindacati e Unione Petrolifera si sono incontrati per valutare iniziative comuni da proporre al governo per il rilancio del settore. E’ passato al vaglio dei lavoratori l’accordo per il ricorso alla cassa integrazione per la Sammontana, anche se rimane ancora da discutere il problema dei 60 esuberi.
E’ stato raggiunto nel corso della settimana un accordo per il rinnovo del contratto di lavoro del trasporto aereo per quanto si riferisce alla sezione gestori aeroportuali. E’ stato anche sottoscritto il primo accordo di solidarietà nel comparto del cemento: riguarderà 80 lavoratori del sito produttivo di Castelraimondo (MC) della Sacci.
Oggi, infine, sarà il giorno decisivo per la vertenza Acciai Speciali di Terni. Dopo gli ultimi due incontri nel corso di questa settimana per sciogliere i nodi sui 550 esuberi e la chiusura di un forno dell’impianto umbro, la situazione appare ancora incerta. L’azienda ha infatti comunicato l’intenzione di dimezzare il numero degli esuberi e dei costi della contrattazione di secondo livello.

Interviste
Il Diario del lavoro pubblica un’intervista di Fabiana Palombo al segretario generare della Fim Cisl Giuseppe Farina, che ha spiegato le ragioni per le quali ha portato 1.500 lavoratori in piazza davanti a Montecitorio per rappresentare lo stato della difficile crisi che attraversa il settore della metalmeccanica.

Documentazione
Su Il diario del lavoro è possibile leggere il documento conclusivo del comitato direttivo nazionale Cgil; i rapporti Istat sui trattamenti pensionistici e sui prezzi delle abitazioni; il verbale dell’incontro presso il ministero dello Sviluppo economico tra Eni e le organizzazioni sindacali per discutere la situazione e le prospettive dei siti industriali Eni di Gela e di Porto Marghera.


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